La plastica monouso danneggia l’ambiente e va progressivamente eliminata – su questo non c’è dubbio. È comunque interessante ripercorrerne la storia; ancora per tutti gli anni sessanta e settanta, le industrie di base espandono la loro capacità produttiva: rafforzare settori quali il chimico o la siderurgia è una priorità ampiamente condivisa.

Oltre a favorire la crescita, si da sostegno a settori a valle, che utilizzano tali produzioni. Per un paese trasformatore come l’Italia, povero di materie prime, la chimica presenta una particolare attrattiva: permette la produzione autonoma di semilavorati e di stare al passo con l’introduzione di nuovi materiali. In modo un po’ impressionistico, si può affermare che l’attenzione per l’industria chimica è figlia di una smodata fiducia nella duttilità, nell’eclettismo degli usi e, quindi, nelle infinite potenzialità della plastica.

È abbastanza sintomatico che, già nel 1962, una rivista osservi: La Montecatini produce sempre più plastica e sempre meno concimi. Parte dagli anni successivi una crisi profonda, che richiede una complicata e dispendiosa ristrutturazione; bisognerebbe riconvertirsi verso altri materiali. Coinciderà con l’inizio di un inesorabile declino delle grandi aziende industriali italiane.

Articolo tratto dal Libro “Destinazione Euro – Politica e finanza in Italia dal “miracolo” a Maastricht, 1957-1992” di Francesco Giordano.

Leggi di più su: https://bit.ly/destinazione-euro 

Destinazione Euro, Donzelli editore

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