Quando si pianificano grandi insediamenti industriali – o ponti – è necessaria un’attenta valutazione di quello che c’è intorno: per dire, se le strade sono carenti o le infrastrutture mancano, ha senso mettere mano prima a quelle. Altrimenti si rischia di investire grandi ammontari con risultati scadenti o fallimentari. Ad esempio, il grande progetto del quinto polo siderurgico in Calabria, a Gioia Tauro, nei primi anni settanta. A un anno dall’approvazione del ministro competente, nel 1973, il presidente dell’Iri (il conglomerato industriale pubblico che deve costruirlo) Petrilli dichiara che il progetto è «economicamente sbagliato»; il comitato ministeriale ridimensiona gli investimenti, dimezzandoli. La nuova variante fa scendere ancora l’occupazione, prevista ora a 3000 lavoratori (in origine 15000). Un paio di anni dopo, nel 1975, alla presenza delle autorità, vengono avviati i lavori.
Dopo solo pochi mesi, «L’Espresso» titola: C’è il progetto di buttare via il progetto. Le forze politiche senza distinzioni, tuttavia, spingono per la realizzazione; il presidente della Finsider, holding dell’acciaio di Stato, commentando le voci di un abbandono dell’iniziativa, dichiara: «Tutte illazioni, l’impianto si farà, così il porto». Passano ancora due anni e, in una lettera al governo italiano, il commissario Cee Davignon sconsiglia, senza dirlo apertamente, la costruzione dell’impianto di Gioia Tauro e dice che l’industria siderurgica Cee deve essere ristrutturata in modo coerente ed efficace; la creazione di nuovi impianti siderurgici, conclude, è possibile e sensata «solo se parallelamente si chiudono capacità produttive esistenti ed obsolete».
L’epilogo non sorprende: il progetto di Reggio viene infine abbandonato, così come quello successivo di una centrale elettrica, con la quale si tenta di mettere a frutto le infrastrutture portuali e gli altri lavori già realizzati e compensare, almeno in parte, i costi sostenuti per la espropriazione delle terre. Non è che non si voglia incoraggiare il progresso o un ambizioso sviluppo di nuove infrastrutture; sperò è necessario essere consci di quello che c’è intorno. Forse ci sono altre priorità, altri progetti necessari che andrebbero completati preliminarmente.