Articolo tratto dal Libro “Destinazione Euro – Politica e finanza in Italia dal “miracolo” a Maastricht, 1957-1992” di Francesco Giordano.
Alla fine del miracolo economico, con gli anni sessanta, viene meno l’ottimismo di uno sviluppo economico senza interruzioni; emerge invece l’instabilità di un sistema finanziario globale in rapida espansione.
Un’economia più matura richiede un circuito finanziario moderno e regole efficaci, verso cui si procede però con frustrante ritardo. Le ripetute crisi della lira impongono interventi di emergenza; lo shock petrolifero costringe a una prolungata austerity. Il dissesto della grande impresa, spesso a trazione pubblica, colpisce la siderurgia, la chimica, l’auto, offusca le prospettive occupazionali e richiede costose ristrutturazioni; il sistema bancario vacilla.
Le istituzioni dello Stato appaiono friabili a opache connivenze (Sindona, Calvi, la P2); persino l’autorevole Banca d’Italia è oggetto di uno strumentale attacco giudiziario. Sull’orlo del tracollo finanziario, il paese mostra, in extremis, una breve, ritrovata concordia che permette inattesi recuperi al prezzo di intensi sacrifici.
Nel periodo che segue, il tardivo adeguamento normativo e istituzionale avviene a traino di un’accelerata integrazione europea, intorno al quale si forma un quasi unanime consenso: un referendum consultivo, tenuto nel 1989, sulle modifiche del trattato della Comunità europea – che rafforzano le prerogative europee – viene approvato dai cittadini italiani con un supporto plebiscitario e trasversale, di oltre il 90%: l‘approcciarsi della moneta unica appare come un agognato traguardo.
(Leggi di più su: Destinazione Euro, Donzelli editore)