Dopo il Trattato di Roma, a consolidare i progressi dell’integrazione economica europea contribuiscono due importanti provvedimenti normativi.
 
Il primo, nel 1962, introduce la libera circolazione degli strumenti finanziari a scopo di scambio per le attività commerciali e avvia la liberalizzazione degli investimenti di portafoglio; mentre permangono una serie di importanti restrizioni alla movimentazione dei capitali, come peraltro è prassi nel periodo, la direttiva mostra comunque un notevole livello di ambizione.
 
I suoi progressi saranno tuttavia di breve durata: dopo le profonde crisi valutarie, saranno interrotti bruscamente per riprendere solo trent’anni dopo, a ridosso della moneta unica. Di maggiore impatto invece le misure sul mercato del lavoro («Relative alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità»): nel 1968 una direttiva permette la libertà di movimento e di soggiorno di tutti i lavoratori residenti nei sei Stati membri.
 
All’art. 1: «Ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia il suo luogo di residenza, ha il diritto di accedere ad un’attività subordinata e di esercitarla sul territorio di un altro Stato membro». È un risultato notevole soprattutto per i molti italiani emigrati in altri paesi europei che possono, ora, accedere agli stessi diritti dei lavoratori locali (a evidenziare il dramma di tanti italiani immigrati in paesi europei contribuisce la tragedia di Marcinelle, in Belgio, avvenuta nel 1956.
 
Nello scoppio di una miniera, ben 136 connazionali perdono la vita: si tratta spesso di lavoratori senza alcuna protezione, che svolgono l’attività rifiutate dai locali in condizioni di precarietà assoluta e con misure di sicurezza limitatissime).

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