L’ancoraggio all’Europa ha per l’Italia un incommensurabile valore, quando letto in prospettiva storica. A questo, si aggiunge lo stimolo dato alla costruzione di un sistema di leggi e regole aggiornato e moderno, che la politica italiana non era riuscita a completare. Pur in modo spesso tortuoso e non sempre abbastanza democratico, si è introdotto un ordinamento armonizzato che appare di elevata qualità e che è stato in grado di aggiornarsi e correggersi nel tempo.
È un ordinamento che riflette – con i limiti di una struttura ancora sovranazionale e con i dovuti e ampi spazi di miglioramento – il dettato costituzionale italiano: un’economia di mercato aperta alle forze della concorrenza, ma in grado di sopperire ai fallimenti del mercato, correggerne le storture, offrire sostegno alle fasce più deboli e a chi è lasciato indietro, e provvedere con un approccio universalistico ai beni pubblici essenziali, quali l’istruzione e la sanità.
Su queste basi, la partecipazione all’ambizioso progetto di integrazione monetaria europea è stata una naturale evoluzione, una scelta irrinunciabile e l’avvio di un percorso che si augura ormai irreversibile.
Nelle parole di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, contenute nel Manifesto di Ventotene – documento fondativo del progetto federale europeo – redatto 1941-42 in piena guerra mondiale, dall’isola dove si trovano confinati per l’opposizione al regime fascista: «Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto»