Non mi frega un *** della lira italiana, dice il presidente americano
(Articolo tratto dal Libro “Il metodo Sindona – Splendore e crollo di un banchiere che si fa assassino”).

Una mattina, un allarmato funzionario corre dal presidente americano Nixon per informarlo del crollo della sterlina. Ma Nixon è preoccupato solo del suo dollaro, anch’esso in serie difficoltà, e sbotta: «Non m’importa»; più tardi, informato delle speculazioni contro la lira italiana, risponde: «Well, I don’t give a [expletive deleted] about the lira» (che possiamo tradurre: «Ebbene, non mi frega un *** della lira»). Citato in: Oliver, M. J. – Hamilton, A. 2007. Downhill from Devaluation: The Battle for Sterling, 1968-72, in «The Economic History Review», lx, 3,  p. 509.

Bisogna capirlo: è appena scoppiato lo scandalo del Watergate, che lo coinvolge al punto da portarlo, nel 1974, alle dimissioni. Una parentesi: lo scandalo prende il nome dal palazzo sede il comitato elettorale del Partito democratico, rivale di Nixon, che è oggetto di intercettazioni illegali. Di certo è solo un caso, ma il Watergate è di proprietà di una società del nostro Sindona. Del resto i rapporti di Sindona con l’amministrazione Nixon sono cosa nota (Sindona intendeva finanziare Nixon nel 1972 con un congruo contributo elettorale).

Nel 1971 è collassato Bretton Woods, l’accordo che lega le monete dei paesi occidentali. È un collasso che pesa: come la Nato in ambito militare, Bretton Woods è molto più di un accordo valutario, ma un’alleanza strategica tra i paesi occidentali nella guerra fredda. Ma il presidente Nixon deve fronteggiare forti tensioni sociali in USA, l’inflazione sale. Alla fine getta la spugna, deve pensare prima al suo paese: il 15 agosto 1971 annuncia l’uscita degli USA dagli accordi. Il sistema è giunto al capolinea, la cooperazione internazionale si sfilaccia, ognuno per sé. Si osserva un ribaltamento: i governi appaiono indeboliti, adesso a trionfare è la legge del mercato. Dice lo storico James: «Ci volle un po’ di tempo prima che ci […] si rendesse conto che l’abbandono delle regole non significava la “superiorità del mercato”, ma una buona dose di anarchia».

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@donzellieditore

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